Poesia > Peppe Buemi
PEPPE BUEMI
eccomi... le ho scelte in frettissima e un po' alla cazzo di cane,
cercando però di trovarne alcune un tantino rappresentative. per farti
un'idea: mi ispiro ai poeti americani tipo bukowski, o carver. spesso
sembrano racconti, queste. non sono assai musicali, queste. non sono in
rima. ormai il verso è libero. mi raccomando la punteggiatura e le
"minuscole", non fargliele toccare... non sono errori. qui, la
maiuscola conta quando DEVE contare. la punteggiatura serve a volte, ma
spesso si tratta di flussi di coscienza poetici, diciamo alla joyce.
avessi avuto più tempo le avrei scelte con più accuratezza, di certo ne
sono rimaste fuori tante altre, diverse, che comunque mi piacciono.
(riporta pure a chi se ne occupa le considerazioni mie,
quassù, per fargli capire di che si tratta...)
peppe
cosa intendo per novara
per novara intendo dire sicilia
non piemonte
sicilia
per novara intendo gente che beve birra
e attende seduta a capo chino
la manna dal cielo
per novara intendo gente che beve amari
e si guasta il fegato
già amaro di suo
per novara intendo gente che passeggia
annoiata
dal noioso passeggiare
per novara intendo gente che lavora
e borbotta
guardando chi passeggia
per novara intendo uomini e donne
ben più reali e spettacolari
di un reality show
per novara intendo tanto i pazzi che i sani
che vivono assieme
una sana follia
per novara intendo veglioni granite processioni
formaggi rotolanti e un paese che ruzzola
tra sacro e profano
per novara intendo un punto di vista
e in quello straccio da stivale
appesa ad un filo
è casa mia.
le mie parole
le mie parole sono colpi di mitraglia
ratatatatà
sparate a casaccio
le mie parole sono strilli di un venditore ciarlatano
eccezzzzionalissima offertissima
che vende prodotti scadenti
le mie parole sono silenzi di un imputato
...
che muto risponde alle accuse
le mie parole sono promesse del politico sotto elezioni
edificheremo la nuova gerusalemme
ascoltate in una squallida piazzetta scagazzata dai piccioni
le mie parole sono i consigli dell'operatore finanziario
questo conto-titoli è fatto apposta per lei
che pensa ecco un altro pollo fatto apposta per me
lei mie parole sono parole di una banderuola
ma sì certo come no...
che all'occorrenza diventano ma no certo che no...
le mie parole sono commenti di un opinionista televisivo
assolutamente... a mio parere... io credo...
che si affannano a commentare il nulla
le mie parole sono parole vuote che mi ronzano all'orecchio
tutto il giorno
e ancora attendo di udirne una vera.
maestro, ma cos’è la normalità
e allora gesù si sedette
in mezzo a loro
e uno di loro disse:
maestro,
ma cos'è la normalità?
e gesù li guardò dolcemente
e disse:
in verità in verità vi dico,
la normalità non esiste.
puoi forse dire a un pero
di non essere pero?
a un melo
di non essere melo?
a un fico
di non essere fico?
...
ho capito, maestro, tutti gli alberi
sono normali!
e così ogni creatura del padre.
no, fratello mio,
più che normale
giusto sarebbe
non parlare di normalità.
ti sembro normale io?
ehm...
in effetti...
i pani... i pesci...
la sgambettata sulle acque...
l'acqua... in vino...
no maestro, non sei norm...
lascia parlare la natura,
fratello mio, e non ti affannare
in definizioni.
e a queste parole
gesù rimase a sedere
e tutti loro si levarono in piedi rasserenati.
l'alieno salì sulla navicella e svolazzò via
l'uomo nero venne inghiottito dal buio
l'extracomunitario della penisola italica tornò al suo lavoretto in centro a gerusalemme
l'uomo invisibile sparì nuovamente
e via via tutti quanti
sparirono alla stessa maniera.
allora pietro disse:
maestro,
certo questa sarebbe da scrivere...
e gesù lo guardò compassionevole e disse:
pietro
sei proprio duro
come la pietra.
credi che se la bevano questa?
ti pare normale?
non se la bevono no, disse pietro,
questa mica è normale.
che lavoro fa papà ?
eravamo seduti
a ferro di cavallo
oppure a U se preferite
la maestra attacca la solita storia del
che lavoro fa papà
e si comincia
da una punta della U
mentre io stavo da quest’altra punta
papà mio è avvocato,
dice una.
mè padri mpasta u cimentu ahahah,
fa un altro.
mio padre studia per diventare notaio,
fa un altro ancora.
e così via…
papà mio era infermiere ma
a parte u mpastà u cimentu
tra avvocati e mezzi notai
mi pareva una mezza sega
chissà dove diavolo avevo letto
che l’infermiere era chiamato pure paramedico
paramedico…
vabbò, pensai,
pare più importante
e allora giuseppe
che lavoro fa papà?
mi chiede la maestra.
paramedico,
dico io
e il bambino complessato che era in me
divenne un bambino col senso di colpa.
oggi lo posso dire:
ci sono mille motivi per cui lo critico
e mille altri per cui lui critica me
ma papà
ha passato i ferri del mestiere ai medici
ha visto budella squarciate e cuori pulsanti
ha visto vagine allargarsi all’inverosimile
ha infilato cateteri negli uccelli dei cristiani
ha fatto punture nei culi pelosi
ha pulito poveri cristi lordi di vomito e merda
vi pare poco?
o maestra,
apri bene le orecchie,
papà mio è un signor infermiere
a suo modo
un eroe contemporaneo.
la vita non ti asseconda mai
nasci
e ti accollano il debito pubblico
prendi un bel voto a scuola
e il bulletto te le suona
dài il primo bacio a una ragazza
e muore tua nonna
torni dal funerale di tua nonna
e una gran figa ti chiama per dirti che ti ama
ti sposi con l’amore della tua vita
e lei la da via come il pane
sei divorziato e depresso
e incontri un nuovo amore
trovi un ottimo lavoro
e ti fottono la macchina
muore tua madre
e nasce tuo figlio
e una volta è una lacrima e un’altra un sorriso
e una volta è un sorriso e un’altra una lacrima
la vita non ti asseconda mai
pare si diverta a pigliarti per il culo
e tutto questo ti fa girare la testa fino ad ubriacarti
e a tratti è bellissimo
e a tratti è orribile
e a tratti è eccitante
e a tratti è vomitevole
e tu sei lì rintronato
che tenti di rimanere in piedi.
arriverà il giorno
arriverà il giorno
in cui cristo scenderà sulla terra
a bordo di una nube
avvolto da fulmini e saette
arriverà quel giorno
e cristo griderà al mondo
È L’ORA DEL GIUDIZIO UNIVERSALE
i giornali riporteranno la notizia dell’ennesimo ufo
internet e le televisioni parleranno di un matto che tra fulmini e saette
vuole giudicare gli uomini
arriverà quel giorno
e nessuno lo cagherà
e presto cristo sarà sovrastato
dalla gravidanza della nuova starletta
dall’attentato a timbuctù
dai problemi giudiziari di un capo di stato
e cristo sarà snobbato
e finirà sulla strada
e i suoi fulmini si ammosceranno
e le saette non saetteranno
arriverà quel giorno
e noi resteremo chini sui nostri pc
chini sugli autobus
chini sulle metro
chini sui viali
chini sul giornale e davanti al televisore
che ci parlano di troppe e troppe cose
tra cui la fugace notizia di un povero matto
che con effetti speciali voleva giudicare gli uomini
arriverà quel giorno
e tireremo dritti per la nostra strada
e cristo si deprimerà e vivrà di fortuna
di espedienti e di magici trucchetti in una misera piazza
e dormirà su una panchina sotto i ponti in una stazione
consolato da un cartone di tavernello
avvolto da una lurida coperta
arriverà quel giorno
e non ce ne accorgeremo
ché più potente è l’indifferenza dell’uomo.
una micidiale macchina da scrivere della chicco
il tavolo nel soggiorno
mio padre seduto accanto
io con l’ansia da prestazione
e una macchina da scrivere della chicco.
erano i giorni in cui papà
cercava di insegnarmi l’alfabeto,
a me,
al futuro scrittore illetterato.
sul carrellino della macchina da scrivere scorrevano
i disegnini
con la lettera
e la parola che descriveva ogni disegnino.
(disegnino)
A
di albero.
(disegnino)
B
di borsa.
e via discorrendo,
non è il caso di farsi tutto l’alfabeto
dovremmo averlo imparato un po’ tutti.
eppure non si arrivava mai a finirlo
e dico mai.
puntualmente alla
R
di rana
la lingua mi si inceppava…
’ana,
facevo sudando freddo,
’ana.
padre nostro,
perché donasti al padre mio una pazienza
limitata a quattro cinque tentativi?
(forse anche meno, non ricordo)
fatto sta che al mio ultimo
’ana
papà s’alzò di scatto dalla sedia
afferrò la variopinta e simpatica
macchina da scrivere della chicco
e la schiantò a terra
rinunciando definitivamente
all’educazione letteraria di suo figlio.
cosa diavolo ci fosse
passata quella maledetta R di rana
(rana, porca troia, rana!)
cosa ci fosse dopo, dicevo,
non arrivai mai a scoprirlo.
forse
S
di schianto
T
di terrore
U
di urto
V
di violenza
Z
di zio-porco-che-scanto
dopo pochi giorni
(guarda che logico l’inconscio,
non me lo sto inventando)
afferrai quella micidiale macchina da scrivere della chicco
me la misi sottobraccio
tirai in avanti il carrellino
e ne feci una mitraglia
con tanti grilletti
quante sono le lettere dell’alfabeto.
ratatatà
ratatatatà
e sbucavo all’improvviso da sotto il tavolo
per combattere il male
e rendere il mondo un posto migliore.
perciò
occhio ragazzi!
non fatemi incazzare
o vi faccio secchi.
credevamo
credevamo d'essere forti
e ci abbatteva di schianto
un filo di vento
credevamo d'essere fragili
e stavamo a galla
nella tempesta e coi pesci in faccia
credevamo in dio
in marx
in garibaldi
in mussolini
negli americani
nei russi
negli ufo
in questa
formidabile
coppola
di minchia
credevamo in noi stessi
e ci siamo
depressi
non ci credevamo più
e siamo sempre
qui
col bisogno di credere
in qualcosa di buono
e qualche buona speranza
d'essere smentiti.
che cosa stiamo aspettando
quando viaggi in treno
con una donna
e i suoi occhi
lo vedi benissimo
stanno dirottando
su un altro uomo.
quando silvietto si accuccia a letto
dopo averla scampata
un'altra volta
e finalmente
tace
per sentire il fiato di sora morte
che affila la lama.
quando una ragazza innamorata
si affaccia al balcone
guardando la luna piena
mentre il suo amore
ansimante
all'ombra di un palazzone
s'incula un troione.
quando una busta scivola in una tasca
un corpo in mare
un manganello su uno zigomo
due labbra sui testicoli
un dito sul detonatore
e queste parole
su questa pagina
in questa terra oscura
che cosa stiamo aspettando
di già
se non un barlume di verità ?
mica bukowsky
sono io
mica bukowski,
non rotolo su tutti quei letti
non ho tutte quelle donne
…
ma la stessa voglia.
faccio buemi di cognome
non faccio a pugni
non strillo non spacco bottiglie contro il muro
non schiaffeggio donne non uso tutta quella violenza
…
ma la stessa rabbia.
mi chiamo giuseppe (ahimè)
non bevo tutto quell’alcol
non vomito puntualmente l’anima
non ho tutta quella birra in corpo
…
ma la stessa sete.
bukowski a metà
john fante per l’altra metà
e pirandello
e calvino
e pasolini
e una mezza calzetta
con tutte ste metà
incredibilmente
pigiate dentro me
addossate al fegato
aggrappate al cuore
avvinghiate alle costole
stanno tutte lì
dentro giuseppe buemi
che a volte si sente
GIUSEPPE BUEMI
e altre
GiusEPPe bUeMi
e altre ancora
gIUSeppE BuEmI
e tante altre volte ancora
non si sente affatto
e proprio allora
è il caso
di buttare giù due righe
per sentirmi almeno la metà
di me stesso.