Poesia > Domenica Buemi
Autobiografia
Ho imparato per amore a scrivere
Recensione di Giuseppe Iannozzi
Recensione di Pietro Atzeni
Intervista di G. Iannozzi
Da lontano
E lui parlava…
Nata a maggio
Tango
Il vestito
Come le rose...
L’etennu amuri
Il ritorno
Pensieri di giugno
Io non c'ero...
Questions?
Cronologia di un amore
Ho visto il mare
Libertà
La signora Nina
Dietro un sorriso
Ogni 2 Novembre
Per divertimento
Fragor
Soave
Ode
Amore sensibile
Ancora sua
E io tra voi...
I miei amori estivi...
Autobiografia
Mi chiamo Domenica Irma Buemi, per molti sono Tamango, il nickname che uso nel mondo virtuale, per tanti sono solo Mimma, per mio padre ero Mimmicea e ...sto cercando di trovare il modo migliore di presentarmi, credo però che lo farò raccontando un episodio della mia vita, uno stralcio breve per non annoiarvi. "Quando ero ragazza per andare a mare dovevo passare dal giardino che mio padre si era creato dietro casa quasi fino alla spiaggia, era il suo regno, rigoglioso e vario ma soprattutto per me così provocatorio; ebbene sì, non resistevo alla tentazione, vedere le sue zucche lunghe, color acquamarina, pendere come stalattiti dal tetto di foglie fitte era impossibile resistere, cosicché l'unghia del mio pollice affondava in quella polpa tenera lasciando un segno indelebile! Lui si arrabbiava e mi rimproverava ma aveva imparato e non farlo più per evitare il peggio, infatti bastava un mio sorriso perdonava questa figlia che anziché lasciare il segno dell'unghia sulla zucca ne scriveva per intero il nome per dispetto. Oggi lo so che non era un dispetto e lo aveva capito anche lui, era un modo come un altro per essere complici, lo eravamo sempre stati poi... Se oggi sapesse che mi considero una "sciammiada" sarebbe ancora più orgoglioso di me, lui che non aveva mai dimenticato le sue origini nonostante fosse andato via da S.Basilio appena sedicenne; comunque ha fatto in tempo a conoscere i miei due figli ma non a sapere quanto ancora mi manca, quante domande sono rimaste tali perché lui non può rispondermi più, che "e scrivo e scrivo e ho molte altre virtù", che l'amore che mi ha trasmesso per gli animali mi vede oggi una gattara che oltre che coi gatti condivide casa anche con due cani, il marito e i figli, che spazia per il mondo senza spostarsi dalla sedia, che usa ancora il punto e virgola (ma tralascia qualche spazio), e che anche se è nata a Messina negli anni cinquanta è rimasta fondamentalmente una ragazzina che odora ancora di zucca e di mare."
Onirica felicità e introspezione
Recensione
Giuseppe Iannozzi
Ogni giorno dovremmo interrogarci sulla poesia, sul perché la sentiamo in noi, e non da ultimo perché forti soltanto della nostra fragilità la scriviamo e mai sull’acqua. La poesia è in ogni granello di polvere e di cenere che ci circonda e che con il sole o la pioggia ci spinge a meravigliarci di fronte a un fiore che si schiude al sole, una felicità questa che quasi sempre viene presto soppressa da un dolore. La poeticità è in ogni dove: però troppo spesso non sappiamo coglierla , oppure nel momento in cui crediamo d’esser riusciti a strapparla per contenerla nel nostro petto l’abbiamo invece condannata a farsi corpo morto. Quando ciò accade è perché chi si pensa poeta non conosce l’arte della delicatezza: dar vita a un sentimento, sia esso di felicità sia esso di dolore, che contenga in sé il nobile seme della poesia e della poeticità, non è atto creativo che possa esser affrontato con rozzezza d’animo. La spontaneità nel versificare è importante quanto la semplicità espositiva, mèta ultima a cui ogni serio poeta dovrebbe ambire.
La più bella poesia, personalmente l’ho letta nei cuori di coloro che non si sono mai detti poeti di professione. I professionisti - che hanno fatto della poesia un volgare mercato - languono negli scaffali delle librerie, sotto cumuli di polvere e di bestemmie pasoliniane sempre portate in bocca a sproposito. Poetare è atto creativo che avvicina l’uomo a Dio. Chi scrive dà “la” vita, e volente o nolente, si mette in competizione con Dio: ha una responsabilità immane sulla coscienza colui che decide di competere e quindi di avvicinarsi a Dio.
“Pensieri di… versi” di Tamango nasce da una colta spontaneità di emozioni esposte con un candore tale da rasentare l’ingenuità: ma non si pensi erroneamente che questo sia un difetto, è invece un raro pregio che soltanto chi ha in sé come un buco nello stomaco riesce a esprimere, senza scadere in un superfluo infantilismo. Possiamo così gustare il desiderio di vivere insieme: “Tu, che sai come usarlo/ tu che vedi me e il piccolo verme figli tuoi,/ apri le tue braccia e riscaldami ancora./ Sciogli la neve dal cuore dei figli ingrati che ti hanno dimenticato…” (da Il tocco). E poi l’analisi d’un sottile dolore: “Vorrei che tu sapessi che io sono, sono la mano che tocchi e che non senti…” (da Tu non sai). E quasi in preghiera: “Senza fretta i ciottoli da ripidi/ pendii rotolano al piano come pioggia/ sui vetri in un autunno desiderato e/ rimpianto./ Ardore assassino dai rossi bagliori/ scoppiettanti, senza pietà…” (da Invocazione), dove forte è la motivata espressione del dolore per la terra che brucia e che ogni vita animale e vegetale la cangia in cenere. E, poi ancora, l’amore per il proprio papà in una declinazione inaspettata, tanto ma tanto ingenua e per questo ancora più commovente, per arrivare in ultimo a una sezione dall’autrice intitolata “Erotico slang”. E qui, tra queste poesie scritte un po’ per gioco ma con tanta femminile serietà, il fumo d’una sigaretta a fine giornata, il turgore dell’amato cioccolato fondente, l’amore insostituibile più necessario e funzionale di qualsiasi maschio (forse!), e otturazioni e uomini e donne. C’è un universo giocoso, di genuino umorismo appena pizzicato da una punta di rimpianto per… punto e a capo.
Tamango scrive per passione e con passione: non per consegnarsi alle brutture del professionismo. Per questo e mille altri motivi, la scrittura di Tamango consegna alla bocca del lettore più esigente, come a quella del più svagato, qualche cosa su cui tornare a emozionarsi, lasciando che egli sugga il nettare primo del sentimento.
Profumi di… versi
Recensione
Pietro Atzeni
La poesia è attorno a noi, è nell’aria che respiriamo, nel cielo azzurro e in quello carico di nuvole grigie, in un fiore che sboccia e in quello reciso, nella natura che si risveglia a primavera e sotto la neve nel gelido inverno, è nella gioia così come nel dolore, nello scherzo come nella rabbia. La poesia è attorno a noi perché la stessa vita è poesia, ma troppo spesso distratti da mille cose non ce ne accorgiamo, oppure siamo inariditi nell’anima per afferrarla. La poesia non ha bisogno di grandi parole o di elucubrazioni, ha bisogno solo di semplicità quella stessa con la quale si manifesta, pensate all’alba o al mare in tempesta, e rimane per sempre impressa nel nostro animo. Certo, non tutti hanno il dono poi di riuscire a fotografarla con le parole, ai più è dato di rievocarla nel ricordo o nella lettura, ed è già tanto, la divina poesia sceglie da sé i suoi vate: i poeti. Il poeta deve avere un cuore giovane, pronto alla meraviglia, voglia di dire e quella forma di narcisismo che lo porta a voler fermare i ricordi e i sogni per poi specchiarsi nei suoi versi; l’alterazione di una sola di queste caratteristiche, ahimé, manda in frantumi quel delicato fiore che è la poesia come accade a certi poeti che, costretti a comporre per contratto, invertono il loro rapporto con la musa per eccellenza e tendono a meravigliare piuttosto che essere ispirati dalla loro stessa meraviglia. La vita poi, assieme al carattere, decide quale strada far prendere al poeta… E’ la vita quindi, nelle sue innumerevoli sfaccettature, che ha deciso “Profumi di… versi”, opera che raccoglie la produzione poetica di Tamango e rappresenta il suo libro d’esordio. Tanti sono i profumi di questa raccolta, ma quello che più la caratterizza è il profumo della nostalgia per un mondo che non c’è più. La stessa autrice lo sottolinea in “Io oggi” la poesia d’apertura della raccolta, dove “i desideri miei di donna scivolano dentro sogni perduti”. Ed è la nostalgia a ispirarla nella delicata “La signora Nina”, dove negli occhi chiari che guardano lontano “forse a quel tempo di veli bianchi e rasi luminosi” non è difficile immaginare gli occhi della stessa Tamango. “Nell’Eterno amore” la nostalgia si fa fantastica ed è una gioia vedere quali sensazioni possa suscitare fare il pane “mani esperte lo devono impastare con il ciuf ciuf di polsi sciolti che è musica per il cuore e per gli occhi”.
“Profumo… di versi”, edizioni Lulù 2009, è lo specchio della vita di Tamango, http://Tamango.splinder.com, in tanti piccoli quadri nei quali il lettore può riconoscersi e emozionarsi perché i poeti, quelli veri, dal più profondo della loro anima delicatamente prendono la poesia che delicatamente così arriva nel più profondo dell’anima di chi legge.
Intervista
1. Chi è Tamango? Questa è una domanda trabocchetto: non è mai facile dire di se stessi senza scadere nella ridicolaggine narcisistica, per cui, cara Tamango, ti invito a rispondere con assoluta spontaneità.
PRESENTAZIONE Ho imparato per amore a scrivere
Hänsel e Gretel, per poter far ritorno a casa, tracciavano il terreno con le molliche di pane, nella nostra storia, la bimba che odora di mare, per poter ri-tornare a casa, invece, semina messaggi nei labirinti della rete globale. Proprio così, l’incontro con la scrittrice Domenica Buemi ha molte analogie con la più celebre fiaba dei fratelli Grimm. I learned to write for love
Hänsel and Gretel, to be able to return home, tracing the ground with bread crumbs. In our history, the girl that smells of the sea, in order to ultimately return home, instead, is sowing posts in the labyrinths of the global network. That's right, the meeting with the writer Domenica Buemi has many similarities with the more famous fairy tale by the Brothers Grimm. Da lontano
Ho imparato per amore a scrivere, E lui parlava...
E lui parlava, e parla ancora, Nata a maggio
La tengo per mano da tempo Tango
Occhi chiusi, la mia tempia sulla tua. Il vestito
Toglimi questo vestito, presto! Come le rose...
Le mani a visiera sugli occhi L’etennu amuri
Chi ciàru chi c'è e chi profumu! Il ritorno
Mi son persa in un giorno di pioggia, Pensieri di giugno
Bruciano gli sterpi di giugno Io non c'ero...
Io non c'ero quando a Roma le donne Questions?
Verrai domattina a svegliarmi ancora? Cronologia di un amore
Cantavi melodiosamente Ho visto il mare
Ho visto il mare e la sua notte, Libertà
Non spegnere la luce, La signora Nina
Dita veloci di mani bianche che seguono Dietro un sorriso
La malinconia del sogno spezzato Ogni 2 Novembre
I miei occhi avidi, Fragor
Lo so... Soave
Soave è stamane il pensiero Ode (alla mia maniera)...
Vo rispondendo a chi con l'ode Amore sensibile
Dietro la chiesa, lì sulla collina, Ancora sua...
Aleggiano i pensieri miei E io tra voi...
La voce guida gli occhi I miei amori estivi...
Profumano i miei versi stamattina
- Narcisi lo siamo un po' tutti, più o meno, non mi turba ammetterlo, il difficile davvero è non essere ridicoli agli occhi di chi legge. Tamango è una donna, vuole piacere, Tamango è diplomatica e attenta, le piace il giardino segreto dove fa quasi tutto ciò che vuole, mentre quella della vita reale, che ha un nome e cognome, è impulsiva, quasi ribelle e poco commerciabile, quella che osa e cui piace scandalizzare, anche se poi si veste di Tamango ("Tamango" è il nome di un profumo di Leonard che usavo tempo fa e che mi ricorda momenti della mia vita passata; nota come il profumo ritorna sempre nella mia vita).
2. I tuoi poeti, quelli che negli anni hanno maggiormente contribuito a formare la tua sensibilità, chi sono? Per quali motivi li reputi tanto importanti?
- Riderai... e qualcuno sobbalzerà: Pascoli, Carducci, Leopardi, Dante, quelli che si studiavano a scuola, e poi Neruda, Solinas e... Giuseppe Iannozzi.
Pascoli è stato forse il primo poeta del quale ho davvero un ricordo indelebile. Lui, con la poesia "La quercia caduta", e Carducci con "Pianto antico", sono dentro il mio cuore e mi hanno fatto piangere, nonostante avessi sette anni quando le lessi e le studiai. La mia sensibilità non dipende dalla lettura di poeti, è un fatto direi quasi naturale, un po' dipendente dall'educazione che ho ricevuto; certo è che essendo i miei genitori amanti degli animali e rispettosi del prossimo, come potevo rimanere insensibile davanti a una capinera che cerca il nido che non troverà più o a un padre che piange il figlio morto?
3. Quando hai iniziato a scrivere sul serio? Ricordi le parole che scrivesti e in quale occasione?
- La prima poesia, come si evince dal titolo "La quercia antica caduta", era quasi una fotocopia della "Quercia caduta" di Pascoli e avevo 7 o 8 anni; poi un lungo periodo di intervallo. A 34 anni ho ripreso con una poesia dedicata a mio padre che era morto in un incidente, si intitolava "Dentro un pugno chiuso". Ho scritto per qualche anno e poi ho distrutto tutto. Ho ricominciato mentre frequentavo un forum di gattofili, raccontai il mio poetare a un giovane amico, che mi ha incoraggiato a riprendere. Dovete a lui se adesso vi tormento con le mie "poesie"... Comunque considera pure prima "La mia voce", che risale al 2006 e che ho scritto dopo un'arrabbiatura con i miei figli.
4. Quale esigenza dell’animo ti ha spinta a confessare le tue pulsioni più intime attraverso la poesia?
- Intimo... è una parola che non sempre ha lo stesso valore per tutti, io non voglio che si sappia se ho un foruncolo sul naso, ma sono pronta confessare che ho pianto per la scena di un film dove i personaggi si salutano: non è forse una pulsione anche quest'ultima? Se la descrivo è poesia?
5. Non una definizione da manuale: per te, Tamango, la poesia che cos’è?
- Io, povera piccola casalinga di Voghera (con tutto il rispetto)... il giorno che qualcuno troverà parole migliori di queste per definire la poesia sarò felicissima: "Poetare è atto creativo che avvicina l’uomo a Dio. Chi scrive dà “la” vita, e, volente o nolente, si mette in competizione con Dio: ha una responsabilità immane sulla coscienza colui che decide di competere e quindi di avvicinarsi a Dio" (dalla prefazione di Giuseppe Iannozzi per "Profumi di...versi).
Io non ho intenzione certo di mettermi in competizione con Dio, ma è anche vero che leggere una bella poesia mi fa entrare in un'altra dimensione, dove esistono soltanto le sensazioni che provo e forse questo è essere un po' vicini a Dio.
6. La tua poesia è molto intima, basata soprattutto sugli accadimenti del giorno. Come mai da parte tua questa scelta di parlare del quotidiano?
- Io vivo e il quotidiano si ripresenta puntualmente ogni 24 ore e sempre in modo diverso, e io lo racconto, spero; sono un'istintiva: scrivo di getto senza pensarci troppo, se questa poi è poesia non è mio merito.
7. Poeticità e poesia: meglio saper aggiustare un po’ di sincera poeticità o essere un colto talento, un rimaiolo?
- Dall'alto del mio blog, con il tridente in mano come Nettuno, ti dirò: le poesie in rima, le mie, sono ragionate o meglio l'istinto mi suggerisce, poi la ragione ha la tendenza a cercare di renderle fruibili e allora correggo, cancello, sostituisco quindi non c'è più quella naturalezza che mi fa genuina, tanto è vero che le mie "poesie" in rima sono dei giochi di parole o descrivono situazioni divertenti. Io dico che è meglio un po' di sincera poeticità...
8. Quali sono gli argomenti che preferisci sviscerare attraverso le tue parole in poesia? C’è un tema che più di altri cattura la tua attenzione/immaginazione?
- L'amore per primo, poi il non-sense, sapessi quante ne scrivo e che non pubblico perché non voglio che si pensi che sia matta! Ma la cosa fantastica è che mentre le scrivo mi diverto, penso alle risate che si farebbe il lettore, che venderei l'anima al diavolo per farlo ridere, ma a proposito di diavolo... come stai?
Comunque gli argomenti possono variare secondo l'ispirazione che ho, non seguo uno schema.
9. È accaduto all’improvviso che hai deciso di rendere noto il tuo lavoro. Chi, o che cosa ti ha fatto decidere di esporti a critiche e pubblico?
- Alle critiche mi espongo ogni giorno nel mio blog. Fino a oggi sono state tutte lusinghiere e, forte di questo, sto tentando di "esportare" anche fuori dal blog, ma francamente non so che effetto farà. La decisione è dettata da quello che tu hai chiamato narcisismo, ed è con commozione verso me stessa che dico di voler lasciare pure io la mia orma sulla terra, magari si confonderà con altri miliardi di orme ma c'è! Finito il ruolo di chioccia in famiglia dovevo qualcosa a me stessa.
10. Quali ingredienti compongono la tua silloge “Profumi di…versi”?
- Amico carissimo, l'amore in tutte le sfaccettature! Verso un uomo, per gli animali, per le persone care, per le cose e per la mia terra, insomma l'amore e il profumo che ha.
11. Promuovi “Profumi di…versi”. Invita il pubblico a leggerti, spiegagli i motivi per cui secondo te la tua poesia merita d’essere accolta nei loro cuori.
- Le mie poesie sono frutto di emozioni che ho vissuto e che ho cercato di descrivere, emozioni inaspettate e assolutamente vere che ho provato per fatti, cose e persone, e se è vero che chi mi ha già letto le ha provate a sua volta, allora è valsa la pena che le abbia lette. Ma per finire faccio mio il proverbio "Ogni scarrafone è bello a mamma sua" perché in "Profumi di...versi" c'è una sezione che ho intitolato "Erotico slang"; sono poesie che mi sono divertita a scrivere, la mia speranza è che possano divertire anche voi.
12. Grazie, Tamango. Sei stata molto gentile. Immagino questa sia la tua prima intervista… più emozionata o spaventata?
- Emozionata sì, perché essere intervistati dal signor Iannozzi non avviene tutti i giorni e la cosa mi onora assai; spaventata no, diciamo che sono recidiva; infatti questa è la seconda, la prima è stata un anno fa... ma è un'altra storia.
E a te un grosso grazie!
Sul finire della primavera nostri osservatori ci segnalavano la presenza sul web di un personaggio misterioso che, nascosto dietro un nickname che ricorda un famoso profumo, lasciava tracce evidenti (racconti, foto e poesie) con profondi riferimenti al nostro paese.
Dopo aver esaminato i suoi scritti, scoprire chi si nascondesse sotto lo pseudonimo di Cuore, per la verità, era stato un gioco da ragazzi. Il padre infatti , criptato dallo pseudonimo di Cuore, era nato a Casemorte e poi giovanissimo era emigrato. Rimaneva l’impresa più difficile e delicata, ovvero svelare il volto della figlia che si celava dietro l’aromatico nickname di Tamango.
Così è scattata l’operazione in codice rosso, << Riportare a casa Tamango >>. La clandestinità dell’introvabile Tamango ormai aveva le ore contate. Certo la missione era difficile e delicatissima perché occorreva scovare Tamango, ma nello stesso tempo rispettare la sua riservatezza e non violare la sua privacy. Bisognava usare le nostre migliori risorse, la missione infatti è stata affidata al nostro 007, la nostra punta di diamante, il più esperto agente segreto della valle, per prudenza , discrezione e arguzia, le sue armi migliori (per ovvi motivi di riservatezza non possiamo rivelarne il nome ma gli siamo grati per il successo della missione e per la sua dedizione alla causa).
Qualche settimana di ricerche e il nostro James Bond, aiutato dalla fitta rete di informatori sparsi sul territorio, con il suo mestiere è riuscito a scovarla a Messina tra le bancarelle di un mercato rionale mentre l’imperscrutabile e sbalordita Tamango era circondata da un esercito di gatti randagi.
Ora la misteriosa Tamango è ritornata alla fonte delle sue origini, Tamango è qui, finalmente l’abbiamo ritrovata, è seduta con noi sulla soglia del portone della home del nostro sito, nello splendore dei megabytes del web, con un enorme sacco pieno di racconti e poesie, un mare di sorprese.
Tamango con il suo viso solare, con la sua profonda umanità, con il suo smisurato amore per gli animali, dopo tanto tempo è ritornata a casa, Tamango alias Mimma Buemi in realtà non era mai partita veramente, con la testa era rimasta a Casemorte, si era soltanto allontanata per qualche istante dal paese di “Cuore”, il suo amato padre.
Tamango, a figlia di Nunziu u bisciu ievi sittada cà, cù nuatri.
Bentornata Mimma!
Non sono un critico letterario e neanche amo molto la poesia, ma leggendo i racconti e le liriche di Mimma, un viaggio nelle profondità dei sentimenti, sono rimasto folgorato da un suo semplice verso. In quelle cinque parole c’è racchiuso un secolo della nostra storia, ma sopratutto le speranze, i valori umani e spirituali di intere generazioni di emigranti. Questo verso evoca l’essenza stessa della poesia, e se posso concedermi una breve licenza poetica, sussurro che da solo vale non una, ma dieci, cento poesie, mille, tutte le poesie del mondo; come le cento, mille, infinite persone, uomini e donne, che nel tempo con grande sofferenza hanno dovuto bere il calice amaro del distacco dalla propria terra.
Ehi, però!, che bel finale di fiaba, Mimma, la ragazzina che odora ancora di zucca e di mare, è ritornata per donarci una poesia che ci appartiene profondamente, per offrirci questo verso indimenticabile: ho imparato per amore a scrivere.
ninobelvedere-ottobre-2012
Late in the spring our observers pointed to us the web presence of a mysterious character, hidden behind a nickname that is reminiscent of a famous perfume, leaving traces (stories, photos and poems) with deep references to our village.
After examining his writings, finding out who was hiding under the nickname of “Cuore”, to be honest, it was a no-brainer. The father, in fact, encrypted by the pseudonym of “Cuore”, was born in Casemorte and then very young he emigrated. Remained the most difficult and delicate: to reveal the face of her daughter who was behind the aromatic nickname of Tamango.
So the operation in red code started << To bring back home Tamango >>. The secret nature of Tamango now had the hours counted. Of course, the mission was difficult and delicate because it was necessary to find Tamango, but at the same time respect the confidential nature and do not violate her privacy. We had to use our best resources, the mission has been entrusted to our 007, our flagship, the more experienced secret agent of the valley, for the prudence, discretion and wit, his best weapons (for obvious reasons of confidentiality, we can not reveal the name but we are grateful for the success of the mission and for his dedication to the cause). A few weeks of research and our James Bond, aided by the dense network of informants across the area, with his skill was able to discover her in Messina among the stalls of a local market while the inscrutable and stunned Tamango was surrounded by an army of stray cats.
Now the mysterious Tamango is returned to the source of her origins, Tamango is here, at last we found her, is sitting with us on the threshold of the door of the home of our website, in the splendor of megabytes of the web, with a huge bag full of stories and poetry, full of surprises.
Tamango with her sunny natured face, with her deep humanity, with her immense love for animals, after all this time she returned home. Tamango, alias Mimma Buemi, in fact had never really left, with her head she remained in Casemorte, she was away only for a few moments from the town of "Cuore", her beloved father.
Tamango, “a figlia di Nunziu u bisciu ievi sittada cà, cù nuatri”.
Welcome back Mimma!
I am not a literary critic and even I don’t love much poetry, but reading the stories and poems of Mimma, a journey into the depths of feelings, I was struck by her simple verse. In those five words, there is enclosed a century of our history, but, above all, the hopes, the human and spiritual values of generations of immigrants. This verse evokes the essence of poetry, and if I can give myself a little poetic license, whisper that alone is worth not one, but ten, one hundred poems, one thousand, all the poems in the world, such as hundred, thousand, countless people, men and women, that with great suffering had to drink the bitter cup of detachment from their land.
Hey, though! What a beautiful fairy-tale ending, Mimma, the little girl who still smells of pumpkin and sea, came back to give us a poem that belongs to us deeply, to offer this unforgettable verse: I learned to write for love.
ninobelvedere-October-2012
quando gli occhi tuoi bruni
eran lo specchio degli occhi miei.
Niente spago intorno alla valigia
ma un sacco con i lacci sulle spalle
e nelle tasche mezza matita blu,
del santo quella foto, voto di mamma,
e dentro al petto i sogni.
Amuri mei, non chianciri, sto bene,
ti scrive la mia mano, vuoi vedere?
Traccio le dita intorno con la biro
e stai tranquilla che ritornerò!
Nel forno caldo, cinque minuti appena,
male non posso farmi, credi a me!
Voglio comprare casa, voglio te,
sapere ciò che dico,
capire ciò che sento,
mangiare la mia terra, i suoi frutti...
L'uomo delle ferriere è già all'appello,
Saluterò i compagni e ritorno a vivere:
grazie di tutto dolce-Land!
Questa è la storia vera di un siciliano emigrato in Germania che ha lavorato negli altiforni dove la temperatura raggiungeva i 70 gradi;
poteva esporsi a questa temperatura, come pure i suoi compagni, solo per 5 minuti;
al suo primo incidente si ustionò una mano e non sapendo come tranquillizzare la moglie al paese, tracciò sulla lettera con la biro
la forma della mano ferita... potere della semplicità dei sentimenti e dell'amore!
27/08/2009
diceva di donne e di misteri
nella bellezza che vedeva i giorni.
Diceva di paure nella notte
di tabacchiere di legno eco di passi,
di scoppi, di miracoli,
d'integrità e di guerra.
Il pugno in alto di una mano
ormai aperta che brillava negli occhi
che non videro gloria.
Lui parlava e si stupiva
quando d'ingenuità era spettatore,
bizzarro con l'ingegno
e prode difensore.
E lui parlava a sconosciuti ospiti
sul desco generoso di pane e olive.
...e lui parlava e parla ancora
quando nelle parole mie vedono lui
i bimbi di un istante eterno
fisso sul cuore e mai più visto.
E lui parlava di zucche ferite
e di una figlia amata che può
scrivere di lui solo ora e mai più...
stringendole i polsi.
E' la tazza dai fiori ormai sbiaditi,
ginocchia lise e carote al sole
dei miei ricordi.
Piccola peste dalle gonne corte,
dalle scarpette bianche che ruba
il cuore al tempo e al mare mio.
Lei mi parla e mi imita buffa
strappa attimi alla mia vita
di bimba come arance al ramo
già colmo e proteso,
coi suoi passi innocenti e arditi
su tappeti di canne di fichi al sole...
Adesso stringe il mio polso nella sua mano,
è sale sulla mia ferita,
eco e monito dei miei pensieri,
il mio giardino di maggio: mia sorella !
Rughe di vita trasmigrano vibrazioni
e sento lacrime di pelle sulla nostra anima
in cerca di solchi su cui scorrere.
Trascini il mio abbandono fino al sogno
di un bandonèon e dentro ai tuoi grandi occhi
il vespro rosso e le mie labbra di seta!
La mano sul fianco caldo mi porta a te,
deciso e dolce, come un desiderio da esaudire:
e sono morbidi e voluttuosi i movimenti,
le cadenze ritmate della milonga
in questa una notte d'estate con te,
compagno sconosciuto
che ami ciò che amo.
Adesso è Tango!
Il cuore pazzo e incosciente
danza l'amore
tra cielo e stelle,
tra mare e rena,
dimentico il mondo e amo
mentre evapora l'ultima goccia di me!
Polvere di parole l'hanno tessuto,
spine di rose mai ricevute l'hanno imbastito.
L'estasi del tempo l'ha tinto di bianco
rubando i colori ai sogni,
e il respiro del giorno ne ha mosso le onde.
Toglimi il vestito!
Mi ha coperto e riparato dal freddo
sulla strada senza uscita
di una meta percorsa ad animo nudo
quando mani volevano strapparlo
e bocche mangiarmi il cuore.
Toglimi questo vestito...
Prima che dimentichi,
prima che l'oblio mi cinga
e renda vane le parole,
prima che la polvere
svanisca senza le tue impronte:
toglimi questo vestito, presto,
e vestimi d'amore!
per non perdere lo sguardo
in quella luce infinita
di giorni già visti,
di passi che pochi son cento
e di corse sfrenate
con l'anima in gola
e lo schioppo nel cuore.
Lontano frinir annuncia eco di sé
sull'oro di spighe mature e papaveri rari,
la mia terra odora di vento
tra sassi a catasta
al confine di un regno,
fichi d'India su aride crepe
perché l'acqua è preziosa
e disseta i limoni e gli aranci del re.
Gelsomino rivale è di zagara,
come Alfio e Turiddu per Lola,
che gareggia per fama e profumo
per la bruna più bella che c'è,
che in ginocchio mentre prega il suo Dio
ama pure i figli di Allah:
rosse frange di seta e di lino
sopra il capo lei "capi" non ha!
Stringo al petto come fossero rose,
quell'essenza inebriante di steli
più dei fiori, più dei fichi l'arbusto
che nel forno del pane scoppietta,
più dell'agro, più del mosto e il buon vino,
più dei templi e del mare:
Mia Sicilia, o mia terra,
è l'origano che profuma di te!
Si passi da vicinu ti senti ricriari.
Chi dici? Gaddenii e gessumini?
Ma quannu mai! Lassa stari...
Cosa chiù bedda assai ti fazzu vìdiri,
a fomma di minni e di muntagni,
di suli, di pisci e... di dda cosa!
Chi ccosa?
Puru ntucciniàtu u poi truvàri,
a vastedda, trizza o a stidda
ma chiddu chi è cchiù megghiu assai
è chi 'nta maidda s'avi a levitari
ca matri chi ti poi pristari.
U frumentu, vecchiu ranu
di li nostri patti,
manu sapienti l'hannu a 'mpastari
e u ciuf ciaf di li pusa fotti
è musica pu cori e puru pi l'occhi!
Cauddu e scupatu funnu
chi su ghiutti comu farìa iò
dopu ch'è cottu.
Ogghiu cu spezzi e sali si ci voli
e tu si nàutru, tu pozzu giurari.
O pani i casa, etennu amuri
chi non ti pozzu scuddari!
tamango
nel tempo indefinito,
quando la terra zuppa è rotolata a valle
ingorda di mare e anime.
Ho visto la grande luce spalancare l'uscio
e come chute di rodeo
chiudersi alle mie spalle
mentre ti cercavo,
ero erba e non ancora grano...
Ho sentito parole e preghiere
e sassi taglienti indicarmi la via
del ritorno.
Ti ho ritrovata
senza voce...
In ricordo dei fratelli vittime dell'alluvione di Giampilieri.
come gli anni, forse più di mille,
del mio passato architravi,
fiori e spine di rovi di ghiosa
succulenta che le mie mani ferirono.
Nella penombra di mattini caldi,
quando pelle di cacao
si preparava al giorno
dei desideri arditi e ribelli,
brillavano perle bianche
a risaltare labbra umide di latte.
Ritornano come echi lontani
gli scricchiolii di zoccoli
pigri trascinati sulla rena
e nel cuore cani dagli sguardi morbidi
che scioglievano i miei.
Aaah, margherite su piquet blu
stretto in vita...
e sotto fianchi già da donna
a sottrar gli occhi dal seno
caldo e ignaro.
Tenerezza che brucia più
dei baci rubati,
dei baci non lavati,
di un tempo trovato e perso
tra un volo di gabbiani
e una pista illuminata,
di una stazione di notte
o di un display che tra un po’ spegnerò...
Click!
profumavano di Colonia e di Arpège
e le sottogonne inamidate
come sfoglie croccanti
illanguidivano sguardi
di uomini poveri e belli,
e di vecchie portinaie pensierose.
Non c'ero.
Eppure ho sentito odore d'alloro e di pini,
dei platani nei dì di festa lungo il tevere,
e ho bevuto l'acqua di mille fontane
quando le serenate
brillavano negli occhi come le stelle ma...
io non c'ero.
Non c'ero nemmeno in quel salotto
che dava sui tetti di Roma
dove le parole eran regine
e gli ospiti re.
Ma canto di una casa il profumo
che uno dei venti donava
al mio riposo di bimba
in un giorno d'estate e...
io c'ero!
Io figlia di terra bruciata dal sole,
dissetata d'arance e da mare,
mi abbandono al pensiero
di giorni romani dalle lunghe notti:
ci sarò!
Tamango
Schiuderò gli occhi e dall’alba
le domande non avranno fine.
Sei qui per me?
Svaniranno le strisce della notte,
nastri blu opalescenti,
nelle risposte che non trovi,
nel rumore delle strade non più deserte,
nella musica che sale,
nel giornale crepitante di parole.
Bugiardo d’amore inventerai
la favola dove regina
fingerò d’essere.
Chi spegnerà il fuoco del tramonto?
Verranno ali a librare voli
come ventagli su accaldati visi
che persi tra sterili rimorsi
filtrano il peccato
dal quotidiano sogno.
Dov’eri quel sabato
quando un sorrriso uccise
dietro la veletta
gli occhi miei?
E poi ancora e ancora?
Voglio dormire ora,
perché mi chiederai domani
dov’ero io quel sabato...
Tamango
di ogni nuovo giorno l'allegria,
nella casa tra due vicoli
in salita verso il colle.
L'eco diffondeva soave, poi...
la grande macchina rombò!
Mi stringevi a te all'improvviso;
le braccia fresche anche d'estate,
mi trascinavano nel tuo mondo allegro,
io mi arrendevo complice e la danza
tra musica e canto adesso è poesia.
Ricamavi pensieri,
con l'ago dipingevi "pelle ovo" e lini
e mentre la cruna spariva tra le trame,
mi vedevi sposa e madre
a ricamar pensieri.
Raccontavi e... shhhhhhh!
Tacevano i quattro scalmanati nipoti,
troppi per danzare,
e poco tempo per sapere che adesso ti somiglio:
pur'io ho le braccia fresche anche d'estate, mamma!
Tamango
complici e senza luna,
in un abbraccio senza fine
dentro alla musica che suona l'anima.
Ho visto il mare di giorno
rubare al cielo il suo umore
senza pietà, come il pennello
alla tavolozza del mio pittore.
Ho visto il mare muto di venti
lambire i miei sogni di ragazza
con promesse di morbide carezze
su pelle di sole e sale.
Ho visto il mare grande
e generoso dentro occhi bruni
cercare i miei
che ho visto il mare!
Tamango
chiudi la finestra
e non andare via da qui
compagna preziosa delle mie idee.
Rivedo ancora il cammino
fatto insieme dove il bello
è solo bello per me,
dove la verità non ha bavaglio
ne maglie le parole
altrove cingoli su tarde primavere
sono invece fiamme sulla pelle;
sassi e mani
a spaccare infanzia
che non conosce madri;
e nel nome del Padre
l'IRA nefasta!
Vorrei sedermi al tavolo
della fratellanza
senza le scarpe in mano,
senza bandiera e senza Dio;
bere da grolle acqua,
spezzare lance e respirarti ancora!
Spengo la luce adesso
e apro la finestra,
voglio guardare fuori
come sempre!
tratti già percorsi da idee e pensieri,
che sfiorano le trame "mai ordite"
di fili serici e calde lane.
Da tempo vedo negli occhi chiari
lo sguardo un po' lontano,
forse a quel tempo
dei veli bianchi e rasi luminosi,
di bimbi intorno e di brusio di donne.
Oggi vedo il tuo sorriso
dietro un dolore che conosco bene
e le rughe sul cuore e sulle mani esperte
tagliano più che le note cesoie
i tessuti morbidi e i preziosi pizzi,
di più, di più!
A te amica che vesti i miei giorni
di donna oggi e... ieri.
(Dedicata alla mia sarta, la signora Nina Calabrese)
cavalca i ricordi,
e nel cortile
dei gelsomini penduli
l'ombra della tua mano
si ferma al cuore,
gli occhi al cielo
sono promesse d'amore.
Mi rubavi il tempo,
straziandomi la bocca
come il morso del cavallo
perché di filo spinato
era il recinto dei miei galoppi.
Sul ciglio del mondo
vedo i fuochi dei giorni ciechi,
quando l'aria
graffiava il mio cammino
come solchi di un fiume scorso,
e una fanciulla illusa
da un nostalgico sogno
che accenna un sorriso.
sulla fiammella ballerina
di un lumino,
lottavano
con il sonno e le domande.
Immagini ingiallite dal tempo
i sorrisi sfocati
a me noti e cari,
e meritavano preghiere
nell'attesa di un dono
che li rendeva vivi
finalmente...
Il mento sulla mensola
e il respiro trattenuto
per sentire la cera
che per un giorno
profumava di sacro
quell'angolo di casa mia.
Per divertimento
volgi lo sguardo altrove
mentre la tua bocca ti tradisce
in questo quieto mattino
in cui la notte tentenna
e le nuvole del grigio si spogliano.
Lo so...
ciò che dentro hai
ti gonfia la gola
e come nodo scorsoio
preme l'aria che bolle si fa,
che gorgoglia e luce non vede.
Lo sappiamo io e te...
alberga nel petto, rapisce la mente
e lacera le labbra serrate,
nel tempo che il verbo rincorre
e riscopre se stesso e il senso che ha.
Lo so che lo sai ciò che voglio
finché non l'ho...
Dammi pace amor mio,
butta indietro la testa,
abbandona le braccia
e... fatti infine la risata!
che mi sveglia,
spumeggianti le gocce
della brezza marina,
carezze
di sale sulla mia pelle.
Sussurro...
vibrano le mie labbra
e m'abbandono,
come tasti sotto le dita,
in questa giornata soffice...
Le lunghe attese sono
secondi che cancellano il tempo
che non ci vede insieme.
Soave è il pensiero
in questo tardo pomeriggio...
Profuma il gelsomino
dai petali preziosi
sul desco nel patio antico
e...
Soave?
No!
Rosato dell'Etna!
dei fagioli vuol far festa,
sofisticato pare, ma son lesta
a scriver con la rima che ci rode.
Quel manzoniano degli stenterelli
mi tira in ballo, e un certo Ugo,
i fagioli son meglio d'ogni sugo,
li fo cantar pure dai menestrelli,
eran sul desco e ora son sul trono
erano ortaggi e ora son legumi,
pasto dei poveri e grido "santi numi!"
E se ne vuoi aspetta lor che "cuociono",
bianchi nel pane caldo con il pepe
aggiungi olio e mordi con passione;
all'acquolina senza una ragione
dai la giusta sua soddisfazione.
Mangiali pure con i broccoli
ma ricorda poi di spezzettare pane
tostato o casereccio le robe sane
che nello stomaco vanno senza fronzoli.
Borlotti con le cotiche: mi assale
un gusto che... signori miei presenti,
è da leccarsi i baffi e dopo i denti,
pensando e ripensando a quel maiale.
Ma è dei fagioli con la pasta
la morte sua, la mia, e se ne avanza
fredda la puoi mangiare la pietanza,
ma è fumante che la sua fama è vasta.
Lo so, lo so nel minestrone
ne servon poco e piace pure ai piccoli
completo di verdure e di fagioli
è il piatto che ti fa venir il magone
per la tua mamma e per la gioventù.
Voglio mangiar fagioli già domani
li metto a mollo colle mie stesse mani
e consumarne a iosa per le gran virtù!
Perdonami amico mio l'ardire
se faccio rima è solo per diletto
ma... li conosci all'uccelletto?
Non farci caso, era per finire.
Tamango
dove i papaveri macchiano il grano di rosso
e tra le viti spettegolano rose,
mi chiedesti la mano.
Rondini e farfalle sopra e dentro me,
frullavan ali come vortici di vento,
mulinelli contromano che il cuore
ormai felice confondevano.
Pagana Cerere esultò per me,
come per la terra fertile
sono orgoglio i germogli,
delle albe il sole,
delle madri i figli
e io di te!
Sentivo il dito circoscritto d'oro
e sulla testa il velo bianco
che il cielo mi rubava
in quel dì di maggio,
volevi la mia mano...
“Per favore, - dicesti - sono solo
allergico alle graminacee,
mi gratti la schiena?”
come palloncini,
monocromatici desideri grigio perla.
Respiro l'aria che vuol
restarmi dentro come compresso sospiro,
stentata sincronia tra labbra e cuore
fa sussultar le membra opalescenti
come fantasmi di un lontano retaggio.
Preda ancor dei vizi suoi
mi abbandono calda e tremante
in stretto abbraccio
che mi vede sua.
Pensi sia amore?
Macchè, è solo una bronchite!
verso immensi colori profumati
tra rossi accesi e
gialli prorompenti,
verdi brillanti e soavi beige.
Dov'è il paradiso?
Tra pomi d'oro e solanacee polpe,
infiorescenze e foglie accattivanti
che invitano la gola e pur le mani
su quel velluto pesca
che dissolvendo sfuma
in rosso ammaliatore.
E poi...
voci roche di passione
che la beltà necessita
entrano nel cuor
al palpitar di nari;
le segui tra guizzi iridescenti,
scaglie d'argento
e carapaci rosa del profumato mar.
-"Signora mia, bellezza da mirar
sul banco mio è per lei,
si premi prima di andar"-
e io che m'amo cedo...
d’estate che prorompente acclama
un ruolo che le spetta e che chi l’ama
vorrebbe soprattutto senza brina.
Io amo solamente dell’estate
quel dolce “lusinganno” mangereccio,
scusatemi se col caldo io intreccio
rapporti sol di gola, che pensate?
La frutta è il mio godere principale
angurie, pesche, prugne e ciliegine
fichi, limoni e pure le susine
che rendono il mio desco assai regale.
Meloni, more, nespole e albicocche
mandorle fresche, gelsi e uva tanta
da ubriacar la mente che poi canta
da fine dicitor le filastrocche.
E i dolci siciliani, signore mie,
lodati in tutto il mondo cosiffatti
raccontano dei sogni e dei misfatti
e di notturne le mie ruberie.
Granite con la panna e due brioche
gelati al cedro, fragole e caffè,
godurie di gianduia e poi frappè
innalzano i miei sensi come “cloche”!
Arrosto i peperoni canarini,
farciti i rossi di sorprese,
ma sono parmigiane le mie arrese:
pecco lo so di gusti sopraffini!
Godete pure il sole, monti e laghi,
i miei amori estivi restano questi,
si è vero d’inverno sembrano mesti
basta aspettare e son ricordi vaghi.
Il tempo passa in fretta e mi ritrovo
a far di frutta e dolci scorpacciate,
guardare il mare e sognare le sciate,
l’inverno, il freddo e... l’anno nuovo!