Poesia > Nino Granato
NINO GRANATO
Liventi e Tramuntana *
Testo Nino Granato
Illustrazione GP Farina
Si cunta, o meglio si cuntava, ch’supra i cimi di muntegni missi a ventagliu, tra ruocca Sarvatesta e Paolea, nu gighenti ìa jittadu ‘ntierra firudu mortalminti. Nu piguau, vidinnu u gighenti ferudu, ci dummanneu ch’ci avia capitadu.
U gighenti ci rispunniu:
“Eu sugnu u Liventi e fuggi firudu da ‘na freccia lanciada da Tramuntana.”
D’inviernu, spissu succedi ch’a neglia tirrè ‘nchiena pi supra cuomu ‘na sierpi, seguinnu u fiumi, rivvenno auta ‘nzeia a fà scumpaì i nevui e ripurtennu u ceu lestu.
Chista visiuni fantasiusa, parturuda da fantasia da uommi di timpi luntaissimi ci rigara a pussibirità di trasi ‘to munnu fantasiusu di nostri antichi.
Levante e Tramontana
Si racconta, meglio si raccontava, che sopra le vette delle montagne disposte a ventaglio, tra Rocca Salvatesta e Paolea, un gigante giacesse a terra ferito mortalmente. Un pastore, vedendo il gigante ferito, gli chiese cosa mai gli fosse capitato: il gigante gli rispose:
- Io sono il Levante e sono stato colpito da una freccia scagliata dalla Tramontana.
Difatti, d’inverno, spesso accade che la nebbia di tramontana, si inerpica sinuosamente, a bassissima quota, lungo il torrente, fino a raggiungere le vette e scontrarsi con le nubi provenienti da levante, fino a dissolverle, riportando il sereno.
Questa visione fantastica, partorita dalla fantasia degli uomini di tempi lontani ci permette di entrare nel mondo fantastico dei nostri progenitori.
- Io sono il Levante e sono stato colpito da una freccia scagliata dalla Tramontana.
Difatti, d’inverno, spesso accade che la nebbia di tramontana, si inerpica sinuosamente, a bassissima quota, lungo il torrente, fino a raggiungere le vette e scontrarsi con le nubi provenienti da levante, fino a dissolverle, riportando il sereno.
Questa visione fantastica, partorita dalla fantasia degli uomini di tempi lontani ci permette di entrare nel mondo fantastico dei nostri progenitori.
* La disastrosa versione in dialetto è opera della Redazione
RAPSODIE
Ricordo con dolce melanconia il refrain della musicalità dell’acqua del torrente Vallebona.
Ricordo il nostalgico sibilare del vento d’autunno tra le fessure delle finestre.
Ricordo quelle dolcissime note silenziose del manto nevoso che copriva l’intera vallata nelle notti di plenilunio.
Ricordo il fantastico echeggiare dei suoni melodici provenienti dal silenzio degli ingrottamenti tenebrosi, causati dalla impenetrabilità dei riflessi lunari.
Tutto era “incuneato” in quel magico incanto della mia fanciullezza e, forse anche, della mia giovinezza.
Dalla raccolta "Lettere a mia madre "
"ERA NOVEMBRE"
Amari ricordi mi portano per mano,
per gli irti pendii di quel “cuore lontano”.
E’ di Novembre quel giorno fatale!
E’ di Novembre quel giorno letale:
mia madre muore in quell’arcano e ingiustificato dolore!
Mia madre muore per colpa di Adamo? No!
Mia madre muore per colpa del Grande Campione*!
Mia madre muore,
ma non nel mio cuore..
*Caos