C’era una volta un cane che si era smarrito in un bosco di querce secolari. Da due giorni girovagava confusamente, ma non riusciva a trovare la strada giusta per ritornare a casa. Dopo tanto sconforto vide una grotta e si fermò. Dopo aver abbaiato a squarciagola e non aver avuto risposta, impaurito dal buio, saggiamente non entrò e proseguì la sua ricerca. Camminava nella boscaglia quando improvvisamente sullo sperone di una roccia vide lo sfavillio di un fuoco lontano, pensò che sicuramente dovevano esserci le bestioline con quel strano e inconsueto portamento verticale, detti umani, intenti a cucinare cibi prelibati e già pregustava le pietanze da mettere sotto i denti. Mentre l’acquolina gli allagava la bocca si avvicinò al fuoco abbaiando e, con sua gran sorpresa, sentì un gran stridor di denti. Di denti? Di dentoni!
Alzò lo sguardo e gli apparve una sagoma gigantesca; era la pancia di un grande drago verde screziato di marrone che lanciava fiamme dappertutto sino a sfiorare il nuovo ospite che era rimasto pietrificato dalla paura, allora, sconsolato, pensò che forse era capitato nel posto sbagliato.
Dopo un attimo di smarrimento, che sembrava un’eternità, il drago si accorse che il cane era terrorizzato, smise subito di sputare fiamme e vapor di saliva bollente, e dalle sue narici diminuì il fumo. Allora rivolse i suoi occhi rossi verso il cane e con la voce cavernosa che sembrava un tuono disse: - Non avere paura mio minuscolo amico, non voglio farti del male, e poi, io sono un drago vegetariano, mi chiamo Vulcano e non voglio bruciarti con le mie lingue di fuoco. Ma ora parliamo di te, dimmi, dimmi, come ti chiami tesoruccio mio?
Il cane rincuorato dalla dolcezza del drago, ma ancora molto confuso, rispose balbettando: Mi…mi…mi..mi…mi chi….mi chi…michi mic…miiiiiiii.. .mi chiamo…, non mi ric…ricordo più un ficux seccus.-
Allora il drago, accorgendosi che il cane era ancora troppo confuso, si avvicinò e con la sua lingua calda e umida lo accarezzò come fosse uno dei suoi tanti figli.
In quell’istante incominciò a scorrere una lacrimuccia in un piccolo occhio del cane, ma non era più per la paura.
Il cane aveva capito che il drago era molto buono e che non gli avrebbe mai e poi mai fatto del male.
- Mio piccolo amico, visto che non ti ricordi il tuo nome, io ti chiamerò Ferro, se non ti dispiace…-
disse Vulcano.
Il cane rispose: -No, non mi dispiace affatto e poi, questo nome è… fantastico, eccezionale!
- Adesso basta chiacchierare, è il momento di riempire le nostre pance vuote - disse il drago. Di corsa insieme si avviarono saltellando verso la vicina grotta del drago che appena arrivato, senza perdere un attimo di tempo, aprì la sua dispensa piena di cibo e offrì un bel piattone di pasta con contorno di patate fritte, così iniziarono a mangiare e bere sino a riempirsi lo stomaco. Verso sera avevano divorato tutto quello che il drago aveva nella dispensa: erba in scatola, patatine, crostini, pane, salmone affumicato, insalata, funghi, caviale, coca cola e infine i gianduiotti fondenti (il cibo preferito dal drago).
Erano veramente stravolti, con la pancia che stava per scoppiare come una bomba. Si appisolarono sopra una pietra e dormirono per alcuni giorni di seguito. Dopo qualche settimana, un mattino si svegliarono molto tardi ma ancora non avevano digerito il cibo ingurgitato giorni prima.
Nella grotta filtrava il sole e i nostri due amici decisero di fare una passeggiata nel bosco.
Marciando di buona lena dopo mezz’ora arrivarono nei pressi di una cascata e decisero di fare un bel bagno ristoratore. Mentre nuotavano felici e spensierati, accadde che nella gola del drago entrò un po’ di acqua e di colpo… purtroppo, si spense la fiammella…
Da quel momento si era inceppato in modo irreparabile l’ingranaggio del fuoco e il drago non riusciva più a sputare fiamme. Quindi, diventò triste e piangeva giorno e notte. Ferro, visto che era ormai l’amico prediletto, decise di aiutarlo, però non sapeva cosa fare.
Un giorno, dopo un temporale violentissimo con i tuoni che squarciavano il cielo, improvvisamente un lampo colpì un albero che subito si infiammò. Ferro, che stava guardando la scena dalla grotta, di corsa andò a prendere un ramo infuocato e lo portò affannosamente da Vulcano che immediatamente lo trangugiò e miracolosamente si riaccese la fiammella.
Da quel momento il drago riusciva nuovamente a sprigionare fiamme lunghissime che illuminavano dappertutto e a sputare saliva incandescente. Nella grotta dopo tanti giorni di disperazione e freddo, tornò il sereno, così, felici dello scampato pericolo, invitarono gli altri animali del bosco e iniziarono le danze, il ballo durò tutta la notte.
Dobbiamo rivelare che tutto quello che abbiamo narrato fin’ora era scritto su un logoro foglio di carta che l’altro ieri abbiamo trovato nella soffitta della nonna. Abbiamo chiesto informazioni su chi avesse potuto scrivere questa storia, ma non siamo riusciti a venirne a capo. Se c’è un merito, a noi rimane quello di aver recuperato pazientemente quel foglio e di aver salvato questa storia che stava per disperdersi nella polvere. E già, e la morale della favola? Voi, cari lettori, l’avete scoperta? Noi ancora siamo perplessi, ma ci piace immaginare la morale celata nella gioiosa scena finale, in quest’ultimo disegno del nostro amico Gian Pietro che, oltre ad essere un delicatissimo pittore, è soprattutto una grande persona perché si è prestato con sincero entusiasmo al nostro gioco illustrando in modo meraviglioso l’avventura di Vulcano e Ferro.
Fine
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