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Alessia Buemi
L'autrice
Alessia Buemi, giovane autrice di questo libro,
già dalla tenera età mostrava un grandissimo interesse
verso la scrittura e la lettura, si è sempre distinta
per la sua capacità di esporsi al meglio in
ogni situazione. Al secondo anno di liceo decide di
farsi avanti, vuole esser riconosciuta come scrittrice,
la sua scrittura era uno sfogo, la sua mente era
talmente intasata di idee, finalmente le fece uscire
fuori, il tutto concentrato su due temi: l’autolesionismo,
molto diffuso fra i giovani di oggi, i problemi
in famiglia, le delusioni, il fatto di non esser ascoltati
o di non esser compresi porta in un certo senso
a punirsi perché si pensa che il tutto è provocato
dall’autolesionista stesso, si infligge la pena
prestabilita per il suo non esser perfetto, per non
esser abbastanza per il mondo, tendenzialmente
nasconde il problema, è la sua soluzione per tutto
quello che c’è di sbagliato in lei/lui e quello che lo/la
circonda.
La schizofrenia invece è una malattia dalla quale
l’autrice è rimasta affascinata, forse perché in fondo
tutti siamo schizofrenici in un qualche modo metaforico.
Prefazione
Quest'anno ci presentiamo a voi per chiedere ancora
una volta una mano di solidarietà per il progetto
Gianluca.
Chi è Gianluca Quartodecimo?
E’ un ragazzo di diciassettei anni, frequenta la
classe quarta informatica dell’ITIS “Nicolò Copernico”
di Barcellona P.G.
Fino all’età di sette anni era un bambino “normale”,
pieno di vita, giocava, correva, saltava, poi è
stato colpito da una tremenda malattia muscolare: la
Distrofia Muscolare Duchenne, la più potente tra le
distrofie che oggi si conoscono. Oggi Gianluca è costretto
a vivere su di una sedia a rotelle; nonostante
ciò egli è pieno di vita e di speranza, spera vivamente
di poter guarire o, per lo meno, riuscire a bloccare
l’avanzamento della malattia. A tale proposito sta
lavorando un gruppo di ricercatori presso l’ospedale
Maggiore policlinico di Milano. Per effettuare tale
ricerca sperimentale occorrono quattrocentomila
euro. Cento a carico dello stato e trecento a carico
della famiglia. I soldi raccolti vanno versati su di un
conto corrente dell’associazione onlus “Amici del
centro Dino Ferrari “di Milano intestato a Progetto
Gianluca. Assolutamente i soldi non passano per le
mani della famiglia. Allora aiutiamo con un piccolo
contributo, in cambio di un bellissimo libro, a dare
una speranza a chi una speranza non ce l’ha. Grazie.
Queste testimonianze mi arrivano così come sono
riportate in queste pagine; non ho voluto cambiare
nulla, poiché penso che se lo avessi fatto ne avrei alterato
l’originalità.
Come anche il linguaggio del libro è rimasto tale,
conservando una punteggiatura prettamente adolescenziale
e attuale. A volte tale linguaggio esce dai
canoni tradizionali dei nostri scrittori contemporanei.
Tuttavia ciò che mi ha spinto nel dare vita a questa
opera è stata la determinazione e la voglia, da
parte di Alessia, a voler affrontare un argomento così
delicato, quale “l’autolesionismo in età adolescenziale”,
tema di estrema attualità. Siamo convinti e
felici di aver fatto si che il sogno di Alessia si avverasse
in queste pagine. Aiutiamo i nostri figli a crescere
chiedendo a DIO che ci aiuti ogni istante della nostra
vita a fare bene il nostro mestiere di genitori.
Michele Piperno
Il libro è così strutturato: la prima parte comprende
il racconto di Alessia Buemi “Schizofrenia”; la seconda
parte comprende delle testimonianze e riflessioni:
“Cristianesimo e libertà” a cura del dott. Prof. Don
Pierantonio Tremolada Vergiate (fonte internet).
“Cosa vuol dire essere cristiani oggi”, riflessione di
Alesci Salvatore.
Ed in ultimo una riflessione fatta da un mio carissimo
e stimato alunno, sull'alluvione dello scorso anno a Barcellona
P.G. vista un po’ in chiave satirica.
RINGRAZIAMENTO
Ringraziamo tutti coloro che hanno sostenuto con il loro contributo questa iniziativa benefica. Un grazie particolare va al professore Marino Michele che da quattro anni segue Gianluca durante lo svolgimento delle lezioni in aula ed a Santino Cutropiache accudisce Gianluca in quanto operatore sanitario. Un ringraziamento particolare va ad Alessia Buemi, che lavorando intensamente, per diverso tempo ha dato vita a questo manoscritto. Grazie al professore Piperno Michele per l’impegno organizzativo iniziative pro Gianluca. Ma il grazie più grande va a voi, che con il vostro contributo fate crescere la speranza di chi nella vita è meno fortunato di noi.
***
E' possibile sostenere ulteriormente questa iniziativa nei seguenti modi:
Amici del centro ”Dino Ferrari” specificando come causale: “Progetto Gianluca”
(essenziale) su c/c postale” 12297206”.
Oppure tramite “intesa Sanpaolo” (iban)
IT 06 E030 6909 5270 0000 7396 167.
Inoltre si può donare il 5x1000 per la ricerca scientifica usando il codice
fiscale nella dichiarazione dei redditi nello spazio dedicato al sostegno delle
organizzazioni non lucrative di utilità sociale: 07276710154.
Per qualsiasi tipo di informazioni:
E-mail: pmgssaf@gmail.com
cell.3476185224
Tutti potete lasciare un vostro commento, oppure una vostra riflessione, che verrà
pubblicata per il prossimo anno sul nuovo libro o agenda al seguente indirizzo:
pmgssaf@gmail.com
grazie mille
Michele Piperno
Alessia Buemi
Capitolo Primo
Quella mattina mi alzai a malincuore, non sapevo
se andare a scuola o meno, alla fine decisi di andarci
sperando per il meglio, guardai l’ora sul cellulare,
erano già le sei e un quarto! Dovevo sbrigarmi o avrei
perso il bus! Allora andai verso l’armadio, presi i miei
jeans preferiti, quelli con gli strappi, la mia maglietta
con la scritta: “Sono già simpatica, non posso anche
essere figa!” e una felpa, quella mattina faceva freddo
e avrei dovuto coprirmi.
Corsi verso il bagno, mi vestii, mi truccai, legai
i capelli e misi le mie immancabili collane e i miei
orecchini. Aspettai che si fecero le sette e scesi a
prendere il bus.
Salita, cercai un posto libero, mi accomodai, misi
le cuffie, ascoltare musica era l’unica cosa che poteva
far volare via quell’ora di viaggio che sembrava interminabile,
ovviamente misi della musica più soft,
l’house spacca timpani non mi andava di mattina
presto, scelsi una traccia del mio adorato Emis Killa
e caddi in un sonno profondo e dolcissimo. Arrivata
a destinazione mi svegliai intontita, felice per aver
recuperato qualcosa, visto che la sera prima avevo
fatto le ore piccole.
Scesa dal bus feci il mio solito percorso, ero sola,
i ragazzi del mio paese avrebbero fatto un altro percorso,
io no, ero abitudinaria, e poi quella strada aveva
un senso, era la mia galleria dei ricordi dell’anno
passato, l’anno che adoravo fare chilometri e chilometri
la mattina per stare con le persone che pensavo mi volessero bene,
con coloro che io definivo amici
e specialmente con lui, si, il mio lui, il mio ragazzo,
adesso è solo un’ex.
Lui era il ragazzo perfetto, stessi gusti, stessi modi
di fare, avevamo tanto, forse anche troppo in comune,
ma come sempre, con la mia sfortuna, questa
bellissima storia è volta al termine, non so ancora se
è stata colpa mia, sua, o di altri, so solo che è finita, e
non posso farci niente, è andata così, come sempre,
è andata male. A scuola il tempo passa lentamente,
fra una battuta e una risata riesco a far scandire
le prime tre ore più velocemente, sto impazzendo,
devo uscire da quella stramaledetta classe!
Nell’intervallo, come sempre, scendo in cortile,
ho l’impressione di esser un’estranea,prima c’era lui,
ora sono sola, abbandonata a me stessa, il suo gruppo
ormai non mi saluta neanche più, cerco i miei compaesani,
le battutine e i commenti acidi non mancano,
un’amica mi saluta, attacco bottone con lei finche non
suona la campana, rientro in classe, mi ritrovo seduta
proprio dove avevo riempito il muro con scritte dedicate
a lui, leggere quel nome mi da ormai il voltastomaco
, il pensiero di lui mi assale, mi innervosisco, non
riesco a reggere tutta quella tensione, scappo in bagno
a vomitare, ormai era un’abitudine, un antistress.
Finalmente il dolce suono della campana d’uscita,
libertà! Nella mia solitudine torno alla fermata del
bus, mi dicono che il bus non arriverà prima delle
due e mezza perché ha avuto un incidente, scandisco
quell’attesa quasi interminabile parlando con una ragazza
del primo.
Dopo tanta attesa il bus è arrivato, una specie di
catorcio dell’era dei dinosauri, ma sempre meglio di
niente. Arrivata a casa mi tufo sul mio lettone pieno
di pupazzi, accendo il computer e controllo il mio
profilo Facebook, solite notizie, solite persone, poso
il tutto e mi addormento.
Capitolo 20
“Sono allucinazioni!”
“Ma come possono capitarmi! io non me lo spiego.”
“Vieni da me pomeriggio e ne parliamo, a dopo.”
Dopo una notte di pianti assurdi, decisi di asciugarmi
le lacrime e alzarmi, erano già le due, il tempo
di sistemarmi e sarei dovuta andare allo studio da
Chiara, presi il primo maglione che mi capitava sottomano,
un filo di trucco e cominciai a cucinare qualcosa
di sostanzioso, alzai le maniche e trovai il danno
fatto la notte precedente, quei tagli, mi davano una
rabbia assurda, non sapevo con cosa sfogarmi, cercai
di calmarmi girando la pasta, al momento di scolarla
mi bruciai con l’acqua calda, li la mia rabbia arrivò
al limite, gettai sul pavimento gli arnesi che avevo
in mano, scoppiai in un pianto nevrotico, la matita
colava dai miei occhi, in quei momenti mi risentivo
piccola, mi tranquillizzai dopo una buon mezz’ora, mi
risistemai e andai allo studio.
“Hai portato il fascicolo?”
“Si si, eccolo, l’ho letto l’altro giorno, sono rimasta
pietrificata, nessuno mi aveva mai detto di cosa
soffriva, pensavo erano solo attacchi di rabbia e poco
autocontrollo, ma questo non l’avrei mai immaginato.”
“È una brutta malattia, e gli attacchi di rabbia sono
ritenuti sintomi della fase peggiore, volevo far chiarezza
perché, come dirti, può esser trasmessa anche
ai figli, quindi è probabile che tu l’abbia pure.”
“Quali sono i sintomi più comuni?”
“Tu hai già uno dei sintomi, cioè le allucinazioni,
ma possono anche essere casuali, cioè, avevi
pianto molto, la tua mente ha reagito in quel
modo, hai avuti altri comportamenti strani?”
“Si, un giorno sono rimasta pietrificata a guardare il
muro senza motivo, per un periodo indeterminato,
ma di sicuro molto molto lungo, e poi, mi sono sentita
perseguitata ma non c’era nessuno, e poi, gli attacchi
di rabbia, ho sfogato in un altro mondo però.”
Alzai la manica del maglione e gli faci vedere i
tagli, lei non parlò, mi fissò solamente, come per dirmi
“Cretina ci stai ricadendo!”, so che era uno specialista,
ma per me era diventata come un’amica, ormai
uscivamo pure insieme, credo ci volessimo pure bene.
“Cambiamo discorso, da quanto ti succede?”
“Da non più di un mese, è grave? Anch’io sarò
come mia madre?”
“Non posso dirtelo ancora, devo studiare meglio
il caso, ti chiamo, adesso vai e stai tranquilla.”
Pagai la parcella e me ne andai.
Dopo quella seduta non andai per più di due mesi,
lei mi chiamava io non rispondevo, feci una ricerca
su internet, i sintomi combaciavano tutti, e stavano
peggiorando, ormai non uscivo da settimane, neanche
i miei genitori sapevano se ero viva o morta, abbandonai
anche il nonno, e il puledro, ero diventata
paranoica, stavo giornate intere a fissare quel muro,
sentivo voci, ogni tanto avevo attacchi di rabbia, tiravo
pugni a tutto, avevo sfasciato anche una porta,
mi ero abbandonata totalmente, sentivo di peggiorare
di giorno in giorno, cercavo di controllarmi ma
niente, nell’ultimo attacco di rabbia mi tagliai la gola,
fortunatamente non in modo grave, ero quasi arrivata
al punto di uccidermi, dovevo chiedere aiuto,
dovevo ritornare in me, ero una ventunenne, dovevo
godermi la vita negli anni migliori, invece dopo tutti
gli sforzi fatti ero in quelle condizioni, in un momento
di lucidità chiamai Chiara, solo lei poteva aiutarmi.